sabato 7 gennaio 2012

IL "TRINARICIUTO"
NON SI E' ESTINTO


C'è chi si augura che l'attuale sospensione della vita politica se non è sospensione della democrazia, non si può non notare come il governo Monti abbia ridotto al lumicino la dialettica politica giovi a fa rinsavire i due schieramenti che si confrontano nel nostro sistema politico, troppo sbilanciati e reciprocamente aggressivi in passato e in un passato ancora recente.
   Premetto credo poco alla tesi degli "opposti estremismi" perché non mi pare affatto aderente alla realtà:mi è parso infatti essersi trattato piuttosto di una aggressione brutale, sguaiata e demolitrice della sinistra contro una destra di rinnovamento considerata "anomala", "eretica", "antisistema", solo perché non pregiudizialmente antifascista ancorché in realtà sanamente "post-antifascista" come da (presunto ) Dna della Repubblica.
   Comunque, non mi pare che  la "notte della politica" stia "portando consiglio", né che la "salutare sosta" stia giovando molto al cambiamento della sinistra, quanto meno se devo prestar fede ad alcune recenti dichiarazioni di un alto dirigente del Pd.
   Alle critiche espresse dal Pdl per bocca del suo capogruppo alla Camera, on. Fabrizio Cicchitto, in merito alla palese esorbitazione in senso politico di cui è protagonista il dirigente dell'Agenzia delle Entrate, dott. Attilio Befera e che si è evidenziata in particolare a seguito delle ispezioni effettuate dai finanzieri a Cortina d'Ampezzo, il responsabile per l'Economia del partito di Bersani Stefano Fassina quindi non quidam de populo ha replicato (cito da Avvenire del 7 gennaio) asserendo che "[...] Cicchitto aggredisce e tenta di intimidire il dottor Befera [...] Purtroppo si dimostra ancora una volta che una parte del centrodestra difende i grandi evasori".
   Che dire, prima ancora che sul modo di argomentare, sul modo di pensare di un possibile futuro ministro italiano dell'Economia? Ogni critica è un'aggressione e se i fatti urlano che il governo del centrodestra (eletto dai cittadini) ha conseguito successi di grande rilievo nella lotta all'evasione  
sulla cui entità gioca senz'altro il livello proibitivo dell'imposizione attuale e peserà ancor di più quello cui arriveremo entro breve grazie al "governo tecnico" , tanto peggio per i fatti. L'ideologia, da Marx in poi, dice che la destra protegge i capitalisti, i rentier, gli "squali" sociali, quindi il centrodestra (grazie per "una parte") protegge gli evasori: non fa una grinza.
   Ma dove pensa di andare il nostro Paese, che cosa pensa di fare il nostro dinamico Presidente della Repubblica finché esponenti di rilievo del maggior partito italiano di (ex-)opposizione penseranno in questo modo da autentici "trinariciuti" di guareschiana memoria? Mi pare una domanda,  più che legittima, doverosa.

venerdì 6 gennaio 2012



UNA SANTA ALLEANZA
A ROVESCIO?





La vicenda dell'"anomalia" ungherese posta sotto pressione da parte degli eurocrati di Bruxelles, degli Stati Uniti e del Fondo Monetario Internazionale sta rivelano sempre più il vero volto della unione di Stati di cui è parte integrante il nostro Paese.
   L'attacco pregiudiziale, scatenato a freddo, quanto meno in termini mediatici, solo in base a una presunta eterogeneità della carta fondamentale magiara rispetto ai principi della UE, senza alcuna negoziazione con l'interessato; l'uso cinico della leva finanziaria, aizzando contro un piccolo Paese centro-europeo la speculazione mondiale che, come si sa, conta soggetti dalle capacità ben più ingenti di quelle di un piccolo soggetto statale; la minaccia di sanzioni pecuniarie rivelano di primo acchito che nel caso della UE si tratta di un soggetto con cui non si scherza, come forse qualcuno dalle nostre parti ingenuamente ha potuto pensare. Le armi di cui si serve, infatti possono essere considerate le armi incruente ma non per questo meno armi autentiche con cui oggi si combattono i conflitti "asimmetrici" nel mondo globalizzato e neutralizzato: i media, la finanza, l'infiltrazione degli organismi sovranazionali.
   Ma, al di là del modus operandi pesante e poco leale, traspare qualcosa di più. E cioè che siamo di fronte a una unione concepita da alcuni come un impero della democrazia, come un organismo tenuto insieme non tanto dalla convenienza, ovvero dal bene comune, delle nazioni che ne fanno parte ma da un collante ideologico.
   Se il paragone non fosse del tutto irriverente, verrebbe in mente una sorta di Sacro Impero, dove ciò che è sacro non è il sacro vero nomine il cristianesimo, che legittimava l'unione medievale, era un valore metafisico, non brutalmente politico come nel caso della UE bensì dei principi e dei valori che si credono unici e universalmente benefici, ergo indiscutibili e da indossare sotto pena di grave sanzione. Una sorta di Repubblica tendenzialmente universale dove regnano il secolarismo, una libertà tendente alla licenza e una eguaglianza sempre più obbligatoria fra gli "altri" e i "piccoli", mentre fra questi e "chi conta", i "grandi", deve vigere un vallum invalicabile.
   Anzi, più che un "sacro" impero, l'Unione, da come si comporta verso il "diverso" ancorché limitatamente diverso , appare piuttosto una Santa Alleanza rovesciata, che, invece che pensare a salvare l'euro, vigila zelante e occhiuta sui popoli liberi affinché non smarriscano le vie della democrazia e del "politicamente corretto", intenzionata a intervenire con la forza per restaurare quesi valori, qualora presuntivamente violati.
Spero che l'Ungheria, il cui ultimo sovrano è stato il beato Carlo d'Austria, nazione che non ha avuto paura di sfidare il comunismo moscovita e di reagire con le armi all'invasione dei carri armati con la stella rossa sappia anche in questo frangente, in cui si trova sola come nel 1956 colpisce, per inciso, il pilatesco silenzio dei media cattolici ufficiali davanti alle sorti di un Paese la cui Costituzione contiene principi fra i meno lontani dalla dottrina sociale cristiana , resistere contro un avversario ancora una volta cento volte più potente.
  A margine di quanto detto, a chi pensa che lo Stato nazionale non serva più a nulla e che in genere si mostra assai informato in termini di "poteri forti" mi sento di suggerire di seguire con attenzione quanto accaduto con ultima tappa l'Italia e quanto accadrà con prossima tappa in Ungheria e di riflettere accuratamente su quanto potrebbe contare per esempio una Padania, ancorché regione ricca e avanzata ma si potrebbe predere a esempio la Baviera , davanti ai disegni e al fanatismo ideologico della élite eurocratica. 

mercoledì 4 gennaio 2012

UN'ALTRA NAZIONE
EUROPEA "NORMALIZZATA"?



Il primo minstro ungherese Viktor Orbán
Ragazzi, ci siamo: è ora il turno dell'Ungheria. La lista dei Paesi uropei da "normalizzare" non si è esaurita. 
   Dopo l'Italia toccherà alla nazione magiara di essere messa a norma. L'Unione Europea non può tollerare che di lei facciano parte Paesi che non abbracciano in toto il dogma
peraltro così vanificato in Italia in questi giorni della democrazia totale forse meglio: totalitaria e progressista.
   Basta che una nazione europea, fra l'altro una nazione-martire del socialcomunismo per cinquant'anni, come l'antica e nobile Ungheria, si dia istituzioni solo un po' "anomale", solo poco sensibili al "politicamente corretto", anche se  coerenti contutta una storia per molti versi splendida, per sollevare la reazione dei custodi dell'ideologia democratica universale.
   Dagli Stati Uniti a Bruxelles ai giornali italiani è un coro: Viktor Orbán sta cocciutamente portando il Paese verso un regime autoritario, parafascista, xenofobo, antiabortista, illiberale e, perché no?, latamente in odore di antisemitismo
   In genere non si dice mai su che quali fatti si fonda questo giudizio e l'appello alla reazione: si preferisce, come di consueto, dipingere vaghi "climi psicologici", di "tensioni", di "aria che tira", far passare modeste proteste di piazza delle sinistre della capitale per mobilitazioni popolari anti-regime, piuttosto che fare rilievi concreti, riferimenti a fatti che davvero mettano a rischio la libertà dei magiari e la collaborazione fra Paesi d'Europa. 
   Le accuse contro Orbán sono sostanzialmente quattro: una legge elettorale favorevole al partito che ha conseguito la maggioranza; un certo qual controllo dell'esecutivo sull'organismo giudiziario; qualche paletto messo ai media; il limite posto alla totale indipendenza della Banca centrale (che equivale alla totale sudditanza alla BCE), una costituzione che mette al bando molti casi di aborto legale: guarda caso tutti provvedimenti sono esattamente quelli che  Berlusconi avrebbe dovuto varare (restringere i casi di aborto gli avrebbe fidelizzato i cattolici al di là non di una ma di dieci Ruby...) per non essere disarcionato e che non ha varato. Machiavellismo o lungimiranza, in Orbán?
   Ma, invece che parlare di fatti, invece che difendere la legittimità e l'originalità delle diverse esperienze politiche, si preferisce creare una orchestra internazionale che intona la marcia funebre di un politico e di un partito invisi alla sinistra internazionale. Fra i più zelanti e sguaiati cantori si colloca il corrispondente de la Repubblica da Berlino Andrea Tarquini, evidentemente ben addestrato alla scuola del quotidiano debenedettiano, che della calunnia ha fatto non solo un venticello ma un uraganano e un serio impegno professionale.
   Scrive Tarquini: "In Ungheria tira aria di golpe bianco" (20/12/2011); Orban, regolarmente e democraticamente eletto dalla maggioranza degli ungheresi, è un "autocrate" (31/12/2011), il parlamento ha varato leggi "liberticide" perché il governatore della Banca centrale sarà nominato dal Presidente del Consiglio, in sostanza come da noi  (31/12/2011); "Capodanno nero sul Danubio"  (31/12/2011); "un paese mitteleuropeo magnifico e vitale ma sulla via di una dittatura dal crescente fetore di fascismo" (31/12/2011); "nuova Costituzione nazionalclericale, che definisce l'Ungheria 'nazione' (etnica, non di valori come Usa, Uk, Germania o Francia)"  (31/12/2011) e via di questo passo.
   Il cenno, fuori luogo, alla Mitteleuropa torna ancora in Bruno Ventavoli de La Stampa il 4 gennaio 2012, quando dopo aver parlato di "morbo antico che avvelena l'Ungheria", di "Paese [...] antimoderno" e di "borborigmi fascisti" evoca"lo splendido mondo borghese della Budapest imperial-regia [...] Brillantezza intellettuale, tolleranza, quella civiltà dele buone maniere indagata da Elias [...] case foderate da libri dove si parlavano in famiglia, correntemente, tre-quattro lingue" e via di questo passo.
   Premesso che c'è da chiedersi: se quel mondo era così bello allora perché diavolo gli amici democratici di Tarquini di qualche decennio fa lo hanno distrutto?, ci si accorge di quanto gli stereotipi di una cattiva letteratura siano diventati cattiva cultura. Mi piacerebbe sapere quante erano le case foderate di libri... e quanti ne sono finiti nelle stufe per combattere il gelo e quanti ne hanno lasciati intatti i comunisti ungheresi, quelli che hanno chiamato i carri armati con la stella rossa per reprimere la libertà ungherese, costata una rivoluzione fallita e una terribile repressione soprattuto a tanti che non avevano le case foderate di libri ma tiravano la lima.
  Ma anche per il meno sguaiato Giuseppe Sarcina del Corriere della Sera Orbán "farnetica" (30/12/2011); e vuole "[...] inzeppare la   nuova Costituzione [...] con riferimenti alla mitologia nazionalistica, con Santo Stefano, la Sacra Corona, la diaspora delle minoranze magiare nel centro Europa" (30/12).
   A ruota anche Fabio Morabito de La Stampa, riprendendo un funzionario di Bruxelles, riporta: "Ci chiediamo se in Ungheria ci sia una democrazia o una dittatura" (5/1/2012).
   Ma pure, in certa misura sorprendentemente, il Foglio quotidiano (4/1/2012) parla, titolando, di "duce magiaro", quindi, nell'articolo, di "autoritario governo di destra", di "suicidio magiaro" risalente udite, udite! alle origini unne del nazionalismo ungherese e al "senso violento e malinconico di distruzione" che questa rivendicata ascendenza comporterebbe.

   Probabilmente lo scopo ultimo di questa mobilitazione della stampa è punire una nazione che, in controtendenza, ha deciso con voto popolare di porre restrizioni alla piaga del'aborto procurato, di cui in tempi di comunismo l'Ungheria, insieme ai suicidi, deteneva un triste primato in Europa.
   Si tratta di quella forma di coralità artificiale peraltro non nuova, di cui noi italiani abbiamo potuto fare una esperienza non secondaria nel "caso Berlusconi". 
   Per ora si tratta solo di una claque mediatica, ma iniziano ad affiorare i primi ricatti finanziari e fra non molto si comincerà a dare fiato alle trombe dello spread o di cose simili.
   Chi si illudeva che l'Unione sarebbe stata un concerto di nazioni libere e indipendenti e la rinuncia a quote di sovranità in forma sussidiaria solo uno strumento per meglio affrontare insieme sfide che trascendevano il singolo Stato è servito: il progetto eurocratico è un progetto teconocratico ma, come forse non è del tutto noto, non esistono tecnocrati neutri. 
   L'ideologia della tecnocrazia è il democratismo universale, la dottrina secondo cui l'assemblea politica che decide o pare decidere su tutto, soprattutto sulle questioni come quelle bioetiche sulle quali non ha invece titolo di decidere, anche se poi, sulle cose "sostanziali", viene messa in naftalina o subornata.
   E' quella democrazia che livella e appiattisce invece che rispettare le gerarchie sociali e di valore ed elevare il popolo, rispettandone la volontà, la cultura e l'identità storica.
   La futura Europa sembra presentarsi sempre più come una colossale repubblica "giacobina" centralizzata e secolarizzata all'estremo, che non come una unione di soggetti politico-nazionali liberi che stanno insieme perché il bene comune di ciascuno dei loro cittadini passa attraverso l'unione con gli altri Paesi.


martedì 3 gennaio 2012



Negozi aperti sempre, ovvero ancor più "coriandoli" sociali


Caro Giuliano Ferrara, questa volta non sono con te. 
Mi è successo raramente in passato, ma ora devo dire che non posso essere d'accordo con te: anzi, non lo sono per nulla. 
   La tua accoglienza dell'apertura indiscriminata dei negozi decisa dal  governo "tecnico" mi pare alquanto  
se non del tutto liberale in senso ideologico, ovvero peggiorativo.
   Ideologico perché pregiudiziale perché "vede" solo una fetta del reale e trascura le altre. Il provvedimento di liberalizzazione ha infatti una faccia che i due o tre benefici ipotetici invocati per vararlo nascondono del tutto. Ed è il suo impatto sociale. 
   Hai provato a immaginare (di certo le risorse prospettiche non ti fanno in genere difetto) l'impatto che una opzione generalizzata come quella che tu lodi avrà sui singoli e sui legami sociali già così erosi, se non deritianamente "coriandolizzati", nel mondo che ci circonda? 
   Provo a elencartene alcuni.
   A fronte di un incerto e probabilmente irrilevante aumento dei consumi e di un miglior servizio al pubblico (ma a quanti interessa realmente? i supermercati aperti fino a tardi e in domenica non sono già abbastanza?), quali saranno gli svantaggi per chi opera in posizione subordinata nel commercio?
Ti rendi conto che le donne potranno essere tenute al lavoro di più (tanto i negozi sono sempre aperti...) e avranno così ancora meno tempo da dedicare alla famiglia...
Che cosa accadrà degli esercizi a conuzione familiare o comunque piccoli che non avranno risorse per competere con quelli che potranno permettersi dipendenti in doppio o in triplo turno? Certo questi ultimi potranno assumere qualcuno in più: ma vale la pena a fronte di un declino certo dei piccoli commercianti?
Prova anche a pensare alla commessa che "stacca" a mezzanotte e va a casa da sola...: è lo stesso problema del terzo turno nelle fabbriche...

E il contenzioso che si aprirà fra lavoratori costretti a orari indesiderati? quanto caricherà ulteriormente la magistratura del lavoro?
Pensa a come sarà ancor più facile rapinare esercizi aperti nel cuore della notte: quanti potranno permettersi il poliziotto privato? e quante chiamate in più al già gracile servizio di pattuglia di PS e carabinieri?

Infine, poni mente a chi sarà in turno al sabato e alla domenica, magari fino a tarda notte: questi perderà il giorno di riposo condiviso con gli altri o con la maggioranza degli altri.
Considera una famiglia dove i due coniugi fanno due turni sfasati... che succede dei figli?

Ancora, come farà chi lavora di notte a fare attività collettive? sai quanta carità si fa nei giorni festivi comuni? non si rischierà che costui lavori ancora di più (tanto a casa non trovo nessuno...) oppure passi il tempo libero in attività individuali più o meno dissipatrici, per esempio alle slot-machines, onnipresenti e disponibili a tutte le ore? credi che questo ridondi a beneficio della nostra società a pezzi?

Già la gente ha poco tempo per pensare a coltivarsi l'anima: se gliene togliamo dell'altro (all'addetto e al consumatore) che cosa possiamo aspettarci come qualità del popolo se non un imbarbarimento ulteriore? Chi lavorerà alla domenica come potrà onorare il precetto festivo? Finché si tratta di nicchie il problema è meno serio, ma quando il cambiamento investe tutto un settore così vitale per il popolo come il commercio come non pensare che il momentum dei fenomeni indotti non porterà a cambiamenti devastanti?


   Quando ti deciderai a piantarla di fare il liberale-libertario e varcherai la soglia di un autentico e sano conservatorismo? Che, come forse sai, non disprezza affatto le libertà (al plurale) ma detesta la libertà individuale quando questa va a detrimento della libertà dei corpi sociali e dei valori che vanno al di là del puramente utilitario o materiale.
   
   Tuo 
   
   OS

Archivio blog